Le differenze tra metodo classico e Charmat
Di per sé, il vino non possiede la frizzantezza che, invece, è avvertibile già dal primo sorso nello spumante. Quelle che chiamiamo comunemente bollicine o spumante, appunto, non sono altro che vini sottoposti a dei procedimenti per donare loro l’effervescenza.
Questi procedimenti vengono definiti metodo classico e metodo Charmat. Si tratta di due processi che danno allo spumante dei sapori diversi, percepibili immediatamente anche da coloro che non hanno un palato esperto.
Vediamo nel dettaglio in cosa consistono entrambi i metodi e quali sono le principali differenze.
Il metodo classico
Come si può intuire già dal nome, la metodologia più antica per ottenere la spumantizzazione del vino prende il nome di metodo classico. Esso è conosciuto anche come metodo Champenoise, dal nome della regione francese in cui vide la luce per la prima volta lo spumante.
La base di partenza è un cuvèe, ossia una combinazione di vini che differiscono tra loro sia per l’annata che per la tipologia. Nel caso in cui, invece, si voglia produrre uno spumante millesimato, la cuvèe sarà sempre composta da vini diversi tra loro in termini di tipologia, ma dovranno appartenere alla stessa annata.
Nel metodo classico la spumantizzazione avviene direttamente all’interno della bottiglia. Quella che in gergo viene chiamata presa di spuma si ottiene attraverso l’aggiunta di lieviti e zucchero (tirage) mentre il vino è già imbottigliato. Le bottiglie vengono messe in posizione orizzontale per permettere agli zuccheri di essere consumati dai lieviti. Sottolineiamo la parola “lentamente” in quanto la fase appena descritta, in media, dura dai 24 ai 36 mesi e in alcuni casi può protrarsi fino alle 120 mensilità. I lieviti morti, si spaccano e rilasciano nel vino tutto ciò che avevano precedentemente assorbito dagli zuccheri, dando origine alla frizzantezza tipica degli spumanti. Il processo descritto viene chiamato autolisi dei lieviti.
Dopo che si è aspettato tutti questi mesi, le bottiglie cominciano a essere ruotate giornalmente di 1/8 verso una posizione verticale, con il collo rivolto verso il basso. Nella maggioranza delle cantine, tale azione viene fatta manualmente avvalendosi di precisi scaffali che prendono il nome di pupitre. Nel caso di produzioni di notevoli dimensioni, invece, esistono dei macchinari chiamati “Giropallet” che eseguono la manovra in modo automatico. L’obiettivo della fase di remuage è far depositare i residui della fermentazione nel collo della bottiglia. Grazie all’aiuto di apposite macchine, il collo della bottiglia viene congelato a -25°C in modo tale che le fecce esauste dei lieviti siano intrappolate in un blocco di ghiaccio, eliminato a causa della pressione che viene creata.
Diversi anni fa, la fase di degorgement, ossia di rimozione dei lieviti, poteva essere effettuata solo stappando la bottiglia, con conseguente perdita di liquido. Ai giorni nostri, con delle macchine realizzate appositamente per questo processo, il blocco di ghiaccio fuoriesce in maniera naturale. Tuttavia, anche avvalendosi con dei macchinari, un po’ di vino viene perso. Per questo motivo, si rende necessario rimboccare il contenuto con dello sciroppo di dosaggio, cioè una miscela di zuccheri e vino, che varia da produttore a produttore.
Infine, la bottiglia è tappata definitivamente e si provvede a inserire l’apposita etichetta.
Il metodo Charmat
Chi utilizza questo metodo decide preferibilmente di raccogliere le uve con una vendemmia anticipata, allo scopo di mantenere una buona acidità nell’acino. Dopo aver realizzato una prima fermentazione, la seconda avviene in autoclavi d’acciaio a tenuta stagna a temperature e a pressioni controllate. Per quel che riguarda le temperature, ci si aggira intorno ai 14-18°C. Una piccola curiosità su questo metodo: esso viene chiamato Charmat, ma è stato l’italiano Federico Martinotti a metterlo a punto. Eugéne Charmat, di origine francese, invece, si “limitò” a brevettare l’attrezzatura per renderlo possibile 15 anni dopo. Difatti, più frequentemente, si parla di metodo Charmat-Martinotti.
La fermentazione dura un massimo di 6 mesi e, analogamente al metodo classico, i lieviti consumano gli zuccheri originando l’anidride carbonica e l’alcol. Il produttore può decidere di interrompere la spumantizzazione prima che i lieviti abbiano mangiato tutti gli zuccheri, mantenendo un grado zuccherino più alto, per un sapore più dolce. A ogni modo, terminata la fermentazione, il prodotto viene refrigerato per permettere ai residui di depositarsi sul fondo.
Per rendere il vino pronto a essere imbottigliato, i residui vengono rimossi con travasi e filtrazioni. Il tutto si svolge in un’ambientazione isobarica di modo che l’anidride carbonica non si disperda. Anche in questo caso, un piccolo dosaggio di zucchero e vino è aggiunto al prodotto. L’ultimo passaggio consiste nella tappatura ed etichettatura dello spumante.
Le principali differenze
Il primo aspetto in cui i due processi differiscono riguarda il luogo in cui avviene la seconda fermentazione. Come abbiamo visto, nel metodo classico essa si verifica all’interno della bottiglia mentre nello Charmat questa avviene nelle autoclavi.
Il lungo periodo di tempo in cui il vino viene lasciato a riposo nel metodo classico dona allo spumante una corposità maggiore e una struttura notevole, oltre che a sentori di lievito più calzanti. Il perlage ottenuto sarà più delicato e persistente. Al contrario, gli spumanti derivati dal metodo Charmat presentano un gusto più fruttato e aromatico. All’assaggio, lo spumante è leggero e fresco, ma non strutturato.
Queste caratteristiche, inoltre, fanno degli spumanti fermentati con il metodo Charmat delle ottime soluzioni per aperitivi e brindisi. Al contrario, gli spumanti che hanno adottato il metodo classico sono perfetti da consumare durante tutto il pasto.
I tempi più brevi connessi alla spumantizzazione del vino consentono al metodo Charmat di diventare un alleato per le produzioni industriali, più frenetiche e obbligate ad adattarsi alle esigenze del mercato. Naturalmente, però, il metodo classico offre un gusto più ricercato e un perlage elegante, dal momento che un maggior periodo di fermentazione permette all’anidride carbonica di legarsi alle proteine e amalgamarsi al vino. Dunque, è un metodo che molte cantine, come Gambino Vini, usano per produrre i propri spumanti.
Conclusioni
Grazie a questo articolo ora sapete quali sono le differenze tra metodo classico e metodo Charmat. Potrete cercare online il vostro spumante preferito e sarete in grado di capire quale processo ha caratterizzato la sua produzione.